Musicalmente, c’è una netta distinzione tra i pezzi scritti dai due leader, cantanti e chitarristi del gruppo: Alessandro Arini e Marco Generali si spartiscono equamente le dodici tracce dell’album, ordinate secondo una rigida alternanza di compositore. Nelle tracce dispari, quelle di Ale, troviamo influenze new wave e dark, inserti di tastiera, lyrics intimiste, ricerca della lentezza e della lunga durata; nelle tracce pari, scritte da Marco, domina il grunge immediato, al vetriolo. Brani brevi, ritmi semplici e veloci, testi espliciti.
Detto ciò, c’è senz’altro una comunanza di intenti nella scelta delle tematiche: la vita quotidiana, le esperienze passate (belle e brutte), l’amore e la sofferenza che ne deriva, l’incapacità di cogliere il proverbiale attimo fuggente, la morte (fisica e dell’anima).
E così, se nell’apertura di Qui Con Me la voce eterea di Ale (nel disco è spesso effettata, filtrata, riverberata) parla del dolore dell’assenza, subito dopo, in Riconosco La Verità, la voce aggressiva di Marco sputa fuori l’intolleranza per il dover essere di facciata («Mi sento di merda tutto bene»). Le canzoni – credo – più riuscite del disco si trovano al suo centro: Legami Stretto, due minuti e mezzo di pura violenza grunge, in cui Marco ritorna all’ossessione del sangue; Una Cosa Sola, una ballata a tutti gli effetti, in cui la voce di Ale – femminile, a tratti, ed è una nota positiva – sale, accompagnata ora da un morbido tappeto di tastiera, ora da un ruvido muro di chitarre, a raccontare una storia d’amore che si esplicita nel timore/terrore, nel coraggio/rifiuto, nella difficoltà di andare avanti e trovarsi anche solo «un passo più vicino» (linea di continuità con il disco precedente). Ma è riuscita anche Lei Perde Il Senso Della Vita, che musicalmente è un punk rock romantico e spensierato, sul quale si innesta però la storia più tragica dell’album. E cito anche Nel Mezzo, che si apre su un semplice e orecchiabile giro di tastiera e ha una struttura delicata e pop, nel senso migliore del termine.
Non voglio tralasciare la sezione ritmica: gli Your Garbage sono senza dubbio anche il basso di Ludovico Miragoli (il gruppo merita di essere visto dal vivo anche solo per apprezzare il modo di suonare, nervoso ed energico, di Ludo) e la batteria di Dimitri Miragoli (a cui la “botta” non manca, ma che a volte va a perdersi in ritmi troppo arzigogolati: meglio la semplicità, ma fatta bene!).
Il Fiore Che Sanguina, insomma, è un disco che si ascolta volentieri, al di là dello scontato e doveroso sostegno a un gruppo rock giovanile che fa musica propria con passione e onestà. Ci sono diverse sbavature strumentali e vocali, che – una volta registrate – non se ne vanno, ma questo può/deve essere un incentivo al miglioramento come musicisti. E c’è da lavorare anche sui testi: personali e veri, certo, ma in troppi casi espressi con parole già ampiamente utilizzate nell’alternative rock cantato in italiano.
Puntuale la produzione – grezza e avvolgente al tempo stesso – a cura di Kruz.
Avanti così.
Carmine Caletti