
Decisamente piacevole, il disco. Giovanni, Vincenzo e Stefano suonano con ottima intensità e l’esecuzione assume maggiore valore poiché il tutto è stato registrato in presa diretta. La durata, lo scrivo per chi magari si spaventa all’idea di ascoltare un “mattone” strumentale, è tutt’altro che oceanica: sei tracce da meno di quattro minuti l’una, in media.
Dicevo che il cd è interamente privo di cantato, ed è vero, ma non è del tutto privo di voce. Alla fine, infatti, dopo pochi secondi di silenzio, è presente una brevissima ghost track, nella quale un uomo al telefono farfuglia qualche parola un po’ sconnessa. Più significative, credo, sono in realtà le grida sguaiate, di pura carica elettrica, presenti nella title track d’apertura, nella terza traccia (Troglos) e nella quarta (Tarozzi, Amore Mio), ma percepibili solo se si ascolta il disco a volume sostenuto. Ed è questo a rendere pregna di senso la scelta del mutismo: gli Hellekin Mascara sanno come si urla, ma hanno scelto di tacere. E chissà che questo percorso non nasconda, in futuro, altri cambi di direzione.
Carmine Caletti