Per il secondo appuntamento “anticipato” dell’edizione 2007 della rassegna Dialoghi Sonori, la scelta dei ragazzi del Centro Musica è caduta su un duo noto a livello internazionale: gli australiani Sodastream. Da relativo profano del genere musicale in questione, mi sentirei comunque di includerli in quello che viene definito New Acoustic Movement. La coppia, composta da Karl Smith (voce, chitarra acustica, armonica, tastiera) e Pete Cohen (contrabbasso, seconda voce e…), ha regalato al pubblico del Teatro Monteverdi (che vedeva anche una nutrita rappresentativa milanese) una serata piacevolissima, emozionante e divertente, dai toni rarefatti e suggestivi.
Attualmente, i Sodastream sono impegnati con il tour dell’ultimo album, Reservations, che aveva già toccato l’Italia, poche settimane prima. Pete, al contrabbasso, un ragazzo grande e grosso con la camicia a quadri e i capelli lunghi e incasinati, introduce (in italiano!) quasi ogni brano. Gentilissimi e sempre sorridenti, i due ci presentano le canzoni del nuovo disco (tra cui la title track) e Pete condisce il tutto con gustosi aneddoti. Rimane in mente il retroscena di Keith And Tina, brano nato in America, durante il tour di alcuni anni prima. I due del titolo sono un lui e una lei che, a detta di Pete, «Amavano le droghe un po’ troppo pesanti» (risate in platea). Da lì, l’ispirazione per la canzone.
Sin dall’inizio del concerto (Tickets To The Fight, Horses, Charity Board…), emerge chiaramente la struttura dei brani dei Sodastream: su una base di due o tre semplici accordi si innestano armonicamente dei piccoli ricami di chitarra, il flusso continuo del contrabbasso (spesso suonato con l’archetto) e, talvolta, la seconda voce, che diventa in sostanza un secondo basso, a bilanciare e sostenere la linea vocale di Karl (dal timbro molto delicato).
Poco prima di Warm July, il pezzo che mi è rimasto maggiormente impresso, Pete racconta di alcune sfortune incontrate durante il recente tour: la chitarra con cui Karl sta suonando gli è stata gentilmente prestata, visto che la sua si è rotta nel viaggio; tempo prima, qualche «disgraziato» (così lo definisce Pete) aveva rubato al gruppo parte della strumentazione. Insomma, alla fine del racconto vien voglia di salire sul palco per abbracciarli!
In chiusura di concerto, dopo aver apprezzato Karl alla tastiera (usata senza effetti, ma semplicemente come un pianoforte), Pete ci stupisce estraendo dal cilindro… Una sega da taglialegna! Il suono che nasce dallo sfregamento della lama contro l’archetto e dalla curvatura della lama stessa è magico: simile a quello di un theremin, ma più caldo e avvolgente.
Dopo i ringraziamenti allo staff del Centro Musica e al ragazzo che li ha scarrozzati in furgone durante le date italiane («Quando si è in giro sul furgone, si diventa come una famiglia», dice Pete), i due escono tra gli applausi dopo la prevista setlist, ma è palese che il pubblico li vuole ancora sul palco. Subito disponibili, Karl Smith e Pete Cohen ci regalano due gemme finali come bis. Prima dell’ultimissimo brano, Pete tocca inavvertitamente con l’archetto la paletta della chitarra di Karl e gli chiede scusa, per giunta in italiano! C’è davvero la sensazione di avere davanti due persone squisite, cristalline.
Dopo il concerto li ritroviamo al banchetto, tra cd e magliette, a firmare qualche autografo e a chiacchierare con tutti, sempre cordiali e spontanei al massimo.
Grandi Sodastream!
Carmine Caletti