Devil’s Slingshot – Live @ Fillmore

Il pubblico del Fillmore per il concerto dei Devil’s Slingshot di giovedì 8 novembre era composto da una grande maggioranza di musicisti rock e metal, che – stando ai commenti carpiti nel locale – da oggi presumibilmente musicisti non sono più, causa rinuncia.
In effetti, vedere dal vivo Tony MacAlpine alla chitarra e alla tastiera, Billy Sheehan al basso e Virgil Donati alla batteria può spronare a migliorarsi come strumentisti tanto quanto indurre ad appendere il proprio strumento al proverbiale chiodo. I tre stordiscono la platea con un’ora e quaranta di concerto, durante il quale un profluvio infinito di note inonda i padiglioni auricolari degli increduli astanti. Una descrizione a parole risulta ostica: giusto per dare un’idea, diciamo che MacAlpine arriva a suonare contemporaneamente chitarra e tastiera all’unisono, servendosi intanto di un roadie come capotasto umano (!). Sheehan (adorato dai fedelissimi sotto il palco) fa uscire dal basso una moltitudine di suoni, accordi e note da cui emergono un’incredibile capacità tecnica, una compattezza ritmica totale e allo stesso tempo una grandissima consapevolezza melodica e armonica. Donati, con due tom aggiuntivi montati in alto e un charleston periferico a pedale, si diverte addirittura a trarre in inganno occhio e orecchio degli astanti: sentiamo le precisissime rullate, condotte a velocità supersonica, ma non ne vediamo, o comunque ne cogliamo solo parzialmente, l’effettiva esecuzione!
La critica che costantemente viene fatta a questo tipo di progetti, basati in primo luogo (e indiscutibilmente) sulle capacità strumentistiche dei cosiddetti guitar heroes (o bass heroes o drums heroes…) e anche su una palese ostentazione di tali capacità, è quella di mancare di anima, ossia di consistere semplicemente in una produzione musicale formalmente perfetta, ma fine a sé stessa. E invece i brani – sostanzialmente, progressive metal strumentale – si ascoltano con piacere, dalla proposizione iniziale del tema (generalmente un riff di chitarra, ma abbondano anche i giri di basso, duri e melodici insieme), alle citazioni jazz disseminate qua e là, agli assoli ultratecnici. Le emozioni, comunque, provengono in massima parte dal senso di vertigine che si prova davanti alle evoluzioni di questi mostri sacri. Cogliendo questo aspetto della cosa, un concerto del genere può rivelarsi assolutamente divertente.
Dopo il live, gli strepitosi protagonisti della serata si concedono ampiamente ai fan per autografi e fotografie, dimostrando una totale naturalezza e confermando il motivo per cui sono ancora in giro per i palchi di tutto il mondo, cioè perché si divertono a suonare.
Stringo la mano a Billy Sheehan e gli dico solo: «Amazing player». Ricevo in risposta un ringraziamento di cuore. Sotto quel travolgente muro di note si cela un solo, fondamentale, ingrediente: l’amore per la musica.

Carmine Caletti